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VAJONT


Mezza montagna franò all’interno dell’invaso che conteneva cento milioni di metri cubi d’acqua [1]. Questa schizzò fuori con la violenza dello tsunami [2] trascinando alla morte l’intero paese di Longarone e parte di altri paesi e borgate, con  1917 loro abitanti. La dimensione della tragedia riportò ai lutti della guerra e più di questa irritò la coscienza civile nel mondo perché non si trattò di catastrofe naturale o della casualità ma di disastro evitabile o, peggio, di disastro procurato.

Le Commissioni d’Inchiesta e i Tribunali stabilirono che il Monte Toc era sempre stato franoso di suo e che l’invaso l’aveva reso ancora più instabile (Toc in dialetto locale significa marcio).

Quasi metà delle vittime non ebbe sepoltura perché i corpi non furono mai ritrovati.

Marco Paolini ha inscenato diverse toccanti ricostruzioni teatrali del disastro, con concessioni ad amare ironie e durissimi sarcasmi ma con accurata e fedele documentazione dell’accaduto.                                                                                                                    

Qui di seguito alcuni stralci dei suoi passi più sofferti.

“… Anche se boati e scosse aumentano e provocano telegrammi allarmanti, molti vengono rassicurati. C’è ottimismo e incredulità visto che non vengono emesse ordinanze di sgombero …. Roventi telefonate … Oggi l’avanzamento della frana è accelerata del 50% ...

Quando arriva il buio accendono la fotoelettrica … sembrava che fossero tornati i Tedeschi a fare rastrellamenti … Le fotoelettriche illuminavano i pini che si inclinavano. Si vedeva a occhio nudo … Viene istituito un posto di blocco per impedire la circolazione  … ma non viene dato l’allarme per non creare panico. È un rischio calcolato! Hanno assicurato che tutto è sotto controllo.

Mancano quattro minuti. Non si sgombra un paese in quattro minuti. A Longarone la gente guardava la partita in televisione. Longarone era viva, la chiamavano la piccola Milano, Longarone.

 … L’ultima bava di ragno che teneva legata la frana si rompe. 260 milioni di metri cubi di roccia si staccano dalla montagna. Lassù in cima c’era un mondo, con le stalle e le case e gli uomini e i boschi e gli animali disperati che muggiscono per scappare e quelli alla catena che non possono liberarsi e gli uomini che li governano che all’improvviso capiscono, ma è tardi, dove vai!? Un mondo intero prende a correre da sessanta centimetri a 100 chilometri all’ora, alle 22,29 del 9 ottobre del 1963. Il parroco dalla finestra vede i fili dell’ alta tensione che spaccano di lampi la vallata, i pini che si inclinano violentemente, scivola un bosco intero che corre verso il basso, ma quale Macbeth! La montagna intera corre insieme al bosco. Riempie una zolla la vallata, sbatte la seconda zolla che gli capovolge sopra, sale i costoni della montagna fin dall’altra parte … Il colle intero viene preso e portato più in alto di 40 gradi. L’urto fa rimbalzare indietro la frana di 40 metri. La montagna del Toc dopo il Vajont si trova di 150 metri più in alto di dove era partita. L’acqua è schizzata con un salto di 150 metri verso l’alto. L’onda sale più in alto di Casso. Prende la Scuola Elementare … Il resto del paese viene sorvolato dall’onda che lo sovrasta con massi da un quintale che sfondano i tetti.

L’alluvione arriva dal cielo … Metà dell’onda risale a dilavare le sponde del paese … C’è un paese, Erto … ma le frazioni sono in basso. Gli passan sopra 60 metri d’acqua in un colpo solo. …

L’altra mezza onda passa sopra la diga del Vajont. Nel punto più alto l’onda è alta 250 metri, nel punto più basso solo 150! Ci sono i segni dell’acqua sui versanti come tracce delle ere geologiche, riscrivendo la genesi del mondo in questa gola …

L’acqua si infogna e forma un lago in corsa alto 170 metri … che ha nel mirino Longarone … dove hanno sentito il colpo … vedono i lampi e pensano a un temporale o a un corto circuito. Intanto tremano le pareti della gola, forse è un temporale, senti che tuoni? … È un temporale d’ottobre che cambia il tempo, … È un vento, un vento schifoso che porta una polvere umida, una polvere d’acqua che macchia i vestiti e cala il respiro ma strano vento che non dà un colpo e poi smette ma aumenta. Spinge e aumenta, spinge e aumenta, spinge aumenta e porta un odore, ma un odore … neanche avessero scoperchiato tombe, ma che cos’è? È una cantina maledetta? È un pistone marcio che spinge avanti l’acqua … È LA DIGAAA! …

Quattro minuti da quando piomba la montagna a quando arriva l’acqua a Longarone. Un minuto e venti per percorrere la gola a ottanta chilometri all’ora! VIA! Quattro minuti per decidere come vivere o morire. … Quelli che vanno a casa per svegliarli … ’Ma dove vai? Non ce la farai mai. Scappa!’… E i figli?... Due a testa! … E intanto tremano le pareti e intanto trema il terreno e intanto si annebbia la vista … Il vento fa volare i coppi … che fa spaccare i rami … e intanto arriva il rumore in crescita come un treno che ti viene incontro. Cristo! Se sta arrivando un treno mi tolgo dalle rotaie, ma dove vai se dovunque ti sposti sei ancora sulle rotaie? Vai, vai tu, salvati! Vai tu che sei giovane!

Prima che arrivi l’acqua ci pensa l’aria … compressa dall’acqua in corsa nella gola del Vajont che raggiunge una forza, una pressione pari a un fall-out nucleare pari a due bombe atomiche di  Hiroshima. Via i vestiti, via la pelle, via quello che ci stava dentro …

Quanti corpi vuoi trovare dopo una bomba atomica dentro una valle chiusa!? Vajont è anche questo: mille bare con qualcosa dentro e quasi altrettante vuote. Non ce n’era per tutti da seppellire. Litigavano per aver qualcosa da mettere in una bara.

Quel che non ha fatto l’aria lo finisce l’acqua. Questo treno d’acqua che esce dalla gola del Vajont è alto 70 metri e corre a 70 chilometri all’ora e appena esce dalla gola perde il binario, perde le sponde della gola e fa un salto … come un Niagara. Nel letto del Piave raccoglie le pietre del fiume e sbriciola, con quel che trova, Longarone. Pietre, acqua e fango prendono le case che si trovano davanti e le portano su verso la montagna contro le gambe di quelli che corrono verso la salita che sono gli unici che si salvano. Li sorpassa e corre verso l’alto e poi torna indietro e defluisce … entra ed esce dalla parte opposta … una lingua d’acqua a spazzare un altro paese. Risale per due chilometri il Piave controcorrente, l’onda del Vajont, mezza onda, … a parar giù paesi … mentre l’altra mezza onda corre verso il mare e, chilometri dopo il Vajont, il muro d’acqua è alto ancora dodici metri. Il giorno dopo, l’onda di riflusso che era andata in su, quindici minuti dopo la prima ondata torna indietro, spiana, fa tutto liscio …

… Cinque paesi e migliaia di persone … non ci sono più.

… L’acqua del Piave, nera, lambisce le arcate del ponte. Quella mattina porta giù di tutto: carcasse di animali, alberi sradicati, macchine rovesciate, e le sponde … sono nere di gente, spalla a spalla, civili e militari, girati  verso l’acqua, ognuno con una pertica in mano, … con quelle pertiche fanno un pettine per fermare i morti che in mezzo al resto vengono giù sul filo della corrente. Altra gente coi rampini li allinea sugli argini. … Per questo che è il più grande funerale che mai abbia attraversato questo paese dopo Caporetto.


[1] Capacità corrispondente al volume lordo di 200 Stadi del Calcio.

[2] Con la velocità di oltre 100 Km/orari.


 

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