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Indiscusso “Principe della Risata", fu molto discusso il titolo di Principe della Nobiltà, acquisito dal padre adottivo e formalmente riconosciuto dal Tribunale che lo autorizzava alla denominazione completa, a lui gradita, di Antonio Griffo Focas Flavio Dicas Commeno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio, Altezza Imperiale, Conte Palatino, Cavaliere del Sacro Romano Impero, Esarca di Ravenna, Duca di Macedonia e di Illiria, Principe di Costantinopoli, di Cicilia, di Tessaglia, di Ponte di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, Conte di Cipro e di Epiro, Conte e Duca di Drivasto e Durazzo. Comico di levatura mondiale assoluta. Protagonista di centinaia di film. Interprete di riviste di successo. Sceneggiatore e doppiatore. Compositore di parole e musiche di canzoni. Poeta. Alle grandi qualità recitative dovute all'immenso talento naturale unì la scuola dei due sommi maestri Edoardo Scarpetta e Edoardo de Filippo. Pur di corporatura elegante e regolare si esibiva in distorsioni grottesche del mento e snodava il tronco e gli arti rendendoli apparentemente meccanici e disarticolati in sembianze di marionetta pinocchiesca o di gallinaceo. La sua personalità, bravura, inventiva, riempiva la scena rendendo superflui i co- protagonisti e perfino il racconto delle vicende narrate. Fellini disse di lui che non aveva bisogno di copione né d’altri sostegni perché le storie, Totò, le portava già scritte in faccia. Fu autore d'una trentina di canzoni napoletane, tra cui parole e musica della arcinota "Malafemmina" ispirata alle sue prime dolorose disavventure amorose. Formato e affermato con la Commedia, l'Avanspettacolo e la Rivista, con un totale di 40 lavori teatrali, giunse al grande pubblico con il Cinema del dopoguerra. Girò un centinaio di film completati ed una quarantina di altri incompiuti. Troppi film erano indegni e commerciali. Solo a fine carriera trovò tra gli estimatori i grandi registi. Con Lattuada girò “La Mandragola" e con Pasolini "Uccellacci e Uccellini" che gli valsero la ‘Palma d'Oro’ del Festival di Cannes e il ‘Nastro d'Argento’ del 1966. Totò recitò per Eduardo de Filippo in "Napoli Milionaria", per Vittorio De Sica in "L’oro di Napoli ", per Mauro Bolognini in "Arrangiatevi". Gli calzavano a pennello i ruoli del Pulcinella perennemente affamato, insofferente all'autorità e agli eccessi del potere che sbeffeggiava con gesti e parole e sonorità sue proprie. Paragonabile ai massimi comici mondiali come Buster Keaton, ma faceto e scoppiettante, o Charlot, ma vivace e allegro. Inventava mottetti, aforismi, esclamazioni sarcastiche, poi entrate parafrasate nel gergo nazionale. Autore d'una trentina di poesie dialettali, del popolo esaltava non i modi o il colore quanto la saggezza e la dignità. La sua opera migliore,” ‘A livella”, è un inno all'uguaglianza sociale, almeno a quella data dalla Morte. Nel tempo (anni ‘60) in cui i cani randagi erano costante bersaglio di sassate anche letali da adulti e ragazzini, finanziò un grande canile e dichiarò che i cani sono una via di mezzo tra i bambini e gli angeli. Ebbe ultimi anni tormentati da cecità e disavventure familiari, arrivando a fumare 60 sigarette al giorno e bere 15 caffè al giorno. Allegrone e spumeggiante sulle scene, serio ed esigente dietro le quinte, altezzoso e infelice nel privato. I più autentici riconoscimenti, di critica e di pubblico non solo napoletano, li ha ottenuti dopo la morte. Nell'orazione funebre Nino Taranto ‘gli disse’: "Questo è il tuo ultimo tutto esaurito" davanti ai 200.000 napoletani in strada per l'estremo saluto. |
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