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FILOSOFIA



La filosofia si è sempre occupata della comprensione dei fenomeni naturali e dei comportamenti umani, indagando sull’esistenza e la natura della sua anima.  Si pose  a  cavallo tra la mitologia e la scienza, dell’una confutando la logicità e coerenza e universalità, dell’altra applicando i metodi della rigorosità e della verificabilità degli assunti. I primi pensatori di epoca presocratica avevano proposto variegate interpretazioni della vita e dei caratteri dell’uomo.


Platone (427-357a.C.) arricchì le indagini e per primo scrisse, e sistematicamente, tutti i risultati (a noi  integralmente pervenuti) delle analisi sue e dei suoi predecessori e in particolare del maestro Socrate.

Platone affermava che le idee sono realtà astratte invisibili immutabili, forse divine, quindi immortali; poiché l’anima è in grado di comprenderle deve essere anch’essa immortale. Inoltre siccome l’anima sa valutare le idee anche se priva di istruzione di esperienza, dedusse che l’anima ha tratto insegnamenti in vite precedenti. Da qui fece derivare la teoria della reincarnazione.

Definisce l’esistenza di un’anima individuale (composta di tre elementi: l’istinto, l’emotività e la ragione) ed in parallelo un’ anima sociale  per il governo della cosa pubblica.  Propone l’immagine della biga alata tirata da due cavalli, uno bianco (l’emotività) l’altro nero (l’istinto),  e guidata da un auriga (la ragione).

Ritiene che un Essere Supremo (Demiurgo) abbia creato il mondo pur senza somigliargli così come il Sole rende visibili gli oggetti e dà vita e nutrimento alle cose senza identificarsi in loro. L’unicità del creato e del Creatore ha condotto all’armonia della Natura e spiega la presenza di un’ anima del mondo.

Platone concludeva che le evoluzioni della natura sono discendenti da occasionalità meccaniche ma anche da un progetto finalistico.

Per Platone l’anima è sostanza spirituale indipendente dal corpo e ispirò la metafora del corpo prigione dell’anima.


Aristotele (384-322°.C.) seguì gli studi del maestro Platone in parte confutandoli ed estendendoli fino a coprire l’intero sapere umano del tempo. Non si preoccupò di dare valore spirituale all’anima ma di estendere l’analisi empirica all’intera natura.

Per Aristotele l’anima e le idee sono essenza e forma delle cose, da queste non separabili. L’anima ‘è’ l’essere vivente. Essa è tripartita in vegetativa, sensitiva, intellettiva. La massima felicità per l’uomo consiste nell’esercizio dell’intelletto (che lo distingue dagli animali). Solo l’anima intellettiva sopravvive al corpo. Dimostrò che i corpi si muovono quando sono sollecitati da altri corpi in movimento o si riscaldano quando sono a contatto con altri corpi più caldi e che il mondo per muoversi o modificarsi ha bisogno di un primo motore che non potendo dipendere da altri non può che essere immobile, eterno, immutabile ed immateriale, quindi solo pensiero o spirito.

Vedeva l’universo formato da cieli alti con stelle incorruttibili dotate di moto circolare e da cieli bassi (al di qua della Luna) con la Terra e i corpi corruttibili (dalla nascita alla morte) dotati di moto rettilineo, verso il basso per gli elementi di terra e di acqua, verso l’alto per gli elementi di aria e di fuoco.

Plotino (205-270 d.c.) ribadisce il concetto di un’anima del mondo che guida l’universo e che questo tende a un fine globale e unitario, con simpatie (armonie e parallelismi)  che legano gli uomini, gli animali, le cose, i pianeti.

Intende l’anima come una delle tre sostanze spirituali, con l’Uno creatore e l’intelletto, che restano ferme al di là del fluire dei fenomeni ossia la natura stessa delle cose.

Agostino (354-430) argomentò che l’anima è unita al corpo come segno partecipatore del Dio creatore. Che la ‘carne’  costituisce ostacolo allo sviluppo dello ‘spirito’. Che l’anima, non il corpo, è sede della sensibilità e che la sensazione è avvertita dall’anima ‘per mezzo’ del corpo.

Sostenne che l’attività spirituale dell’uomo si manifesta attraverso il pensiero, la conoscenza e l’amore. Che l’uomo è dotato di libero arbitrio che lo autorizza ad ogni tipo di scelta di cui però risponderà  per l’eternità. Approfondì la questione della predestinazione alla vita eterna e della dannazione eterna,  stabilendo che la salvezza è riservata a pochi eletti (discussione tuttora aperta nel Cristianesimo, nel Giudaismo e nell’Islam).

Avicenna (980-1037) vede l’anima umana, alla pari di altre anime del mondo, provenienti da un Dio Formatore . Essa dà la comprensione degli avvenimenti ed è lo stimolo all’azione spontaneamente rivolta alla conservazione  del bene sia individuale sia universale.In quanto frammento della creazione essa è immortale e tende al ritorno all’unità primigenia.

Averroè (1126-1198) crede eterni il mondo  e la materia mentre sono mortali i singoli uomini. Ritiene che esiste una sola anima superindividuale ed immortale mentre le singole anime dei singoli uomini sono sue manifestazioni incomplete e mortali.

Tommaso d’Aquino (1221-1274) concilia la teoria aristotelica dell’anima come forma del corpo con la visione platonica e cristiana dell’anima-sostanza: egli accomuna l’anima vegetativa a quella sensitiva e a quella intellettiva (perfetta, assoluta, immortale) capace di assorbire le prime due.

Tommaso si adoperò per dare dimostrazione razionale dell’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima dell’uomo.

Giordano Bruno (1548-1600) applica alla filosofia le conseguenze della rivoluzione portata da Copernico in astronomia: la Terra non è il centro del mondo e questo è infinito, ha altri centri e possiede un’anima propria; sostiene che la forma è l’anima dell’universo e che forma e materia non sono due sostanze ma due aspetti della natura, pur sempre creata da Dio.

Per Bruno l’infinitamente grande coincide con l’infinitamente piccolo, il bene coincide con il male, la nascita con la morte, l’amore con l’odio; nell’unità dell’infinito gli opposti  convergono e trapassano l’uno nell’altro.

Kant (1724-1804) vede la Natura sospinta da un disegno evolutivo e vede l’uomo come componente di un organismo, il genere umano, proiettato all’infinito.

Per Kant l’immortalità dell’anima, intellettiva e collettiva, non è una legge ma un postulato in quanto certamente esistente ma non dimostrabile. Poiché rileva in atto un progresso di perfezione morale raggiungibile all’infinito ne deduce che sarà disponibile un tempo infinito.

 

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