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15 visitatori onlineIL PROGETTO
(SCHEMA GENERALE)
Guardando a ritroso nel tempo, solo (!) quattro miliardi di anni fa non esisteva la Terra, successivamente partorita dal Sole.
Al suo nascere la Terra era una palla di fuoco, senza vita se non sotto forma di energia e di materia. Per casualità degli eventi secondo alcuni, per volontà di Qualcuno secondo altri, dalla materia arida nacque la vita che gradualmente si espresse nelle forme vegetali e animali che conosciamo. Queste forme di vita si sono evolute fino a sviluppare il pensiero umano con le sue nequizie da una parte ma anche con la sua spiritualità dall’altra parte. In sintesi l’evoluzione della Terra è passata dalla materia pura alla materia e spirito. La verosimile estrapolazione ci fa intravedere l’ulteriore possibile passaggio verso lo spirito puro. In un futuro meno lontano l’uomo sarà ancora soggetto a passioni ma più sensibile verso la spiritualità.
Quando la Terra avrà esaurito la spinta d’inerzia che le dà la rotazione intorno a se stessa, una sua faccia si troverà arrostita e invivibile, l’altra faccia sarà coperta da montagne di ghiaccio. Solo una fascia di contorno godrà il clima del perenne mattino primaverile da una parte e del perenne pomeriggio autunnale dall’altra.
La deriva dei continenti avrà rimodellato gli scenari. Il mare, costellato di isole, sopravviverà solo lungo quella fascia intermedia che, unica, ospiterà la vita. Per questo la fascia prenderà il nome di Anello della Sopravvivenza o dell’Eternità. Sino allo spegnersi del Sole l’Anello si conserverà immutabile in una sorta di eterna beatitudine. Oggi la Terra è punteggiata e solcata da piccole e grandi opere dell’uomo, costruite per le sue esigenze sociali o private, civili o militari, materiali o spirituali. Anche i complessi più solidi, quali le Piramidi egizie e la Muraglia cinese, sono destinate a sbriciolarsi. Per millenni e millenni tutti i manufatti più importanti saranno oggetto di restauri, consolidamenti e rifacimenti, finchè gli inarrestabili cataclismi sotto forma di terremoti e maremoti, eruzioni vulcaniche, stritolamenti di faglie, li polverizzeranno e li inghiottiranno. Potrà salvarsi soltanto ciò che sarà collocato sulla fascia di sopravvivenza o Anello dell’Eterno. Tutto quanto oggi si costruisce di materico sarebbe destinato ad essere distrutto dai cataclismi. Si potrà salvare solo ciò che sarà costruito dopo l’esaurirsi dei cataclismi e solo ciò che venisse costruito di immaterico, quindi inattaccabile, come un edificio di luce o di pensiero o di ricordi o di fantasia.
Da sempre gli uomini s’interrogano sull’aldilà. Tantissimi sono andati alla Morte ma nessuno ne è tornato a raccontarci qualcosa. Molti hanno assegnato alla Morte il ruolo di passaggio verso una nuova esistenza. Alcuni, re principi imperatori faraoni, in quanto capi privilegiati in vita hanno creduto di meritare una continuazione della vita fino all’immortalità. Altri, specialmente nelle epoche moderne, anche se uomini comuni, hanno maturato la convinzione che la pari dignità umana dia a tutti il diritto all’immortalità. In passato si sono innnalzate le Grandi Sepolture, dalle Piramidi ai Mausolei, poi si sono moltiplicati i Sepolcreti speciali ed i Cimiteri comuni. Tali costruzioni hanno assolto compiti più o meno dichiarati quali la protezione igienica delle spoglie, la riconoscibilità dei meriti acquisiti in vita dal defunto, la predisposizione delle salme e delle loro anime alla possibile vita ultraterrena. Il latente bisogno di immortalità in tutte le epoche ha condotto l’uomo a sognarne i luoghi e i modi ed a rappresentarli con disegni o pitture o costruzioni letterarie o con semplificativi simulacri architettonici poco più che simbolici. Le nuove tecniche moderne, in termini di architettura virtuale, consentono una più completa visualizzazione di qualsivoglia progetto o interpretazione. La somma delle nuove conoscenze religiose e filosofiche e scientifiche conduce alla possibilità di tracciare un progetto architettonico dettagliato e permette tanto di costruirlo quanto di fruirne virtualmente. Oltre che più agevole, il godimento virtuale di un Mausoleo o di un’Isola dell’Immortalità risulta più convincente ed appagante d’un eventuale percorso fisico di visita a luoghi materiali.
Nel mezzo dell’oceano a tutta prima si confonde con mille atolli ed altre isole ed isolotti che punteggiano l’orizzonte. Al suo avvicinarsi se ne distingue la grande estensione ed il luccicare, al suo interno, di una ruota di luce adagiata di piatto e sospesa appena sopra le vegetazione. All’approdo sulla spiaggia dell’Isola ci accoglie una sabbia zuccherina. Pestandola si levano nuvolette odorose di giglio delicato. I primi fili d’erba salutano con dolci musichette di soave benvenuto. Inoltrandosi all’interno dell’Isola si intravede una variopinta valle sconfinata in tenue declivio che al fondo di una fitta foresta mostra la gigantesca ruota di luce che impercettibilmente rotea adagiata di piatto intorno al suo asse posto in verticale..
Una nebbiolina azzurrina ci avvolge solo accarezzandoci, seguita da una pioggia leggera che ci spruzza sul viso baci di saluto augurale. Progressivamente ci si inoltra nel cupo di nuvole scure che ci investono come in un rituale di iniziazione. L’aria fresca diviene una improvvisa ventata di bufera e poi schiaffi di tempesta. Tornado tumultuosi ci attraggono dentro tormente di neve poi trasformata in grandine che zampilla scoppiettante come un tambureggiare liberatorio che annuncia il sereno; infatti le nuvole si squarciano e si intravede un cielo luminoso sfavillante e riappare la grande Ruota di Luce. Tra noi e la Ruota si distende un giardino botanico ravvivato da geometrie di un completo campionario di alberature montane e vallive, decidue e sempreverdi, con chiome a campana o a piccoli ciuffi, palme svettanti e querce solenni, tutte completate da sottobosco di frutti colorati e animaletti sguscianti, allietate dal concerto di canti di uccelletti d’ogni tipo.
Appena oltre si stende una sterminata savana popolata da piccoli e grandi mammiferi in armonica coabitazione. Più ci avviciniamo alla Ruota di Luce più ne scopriamo le ciclopiche dimensioni.
Aiuole fiorite e ricami dei prati ci indirizzano verso esilissimi steli d’argento luccicante che si ergono verso l’alto del cielo. Gli esterni degli steli reggono il disegno d’una scala a chiocciola senza fine. Siamo attratti dalla loro base che ci invita nel cavo degli steli dove una sorta di ascensore pneumatico ci risucchia sulla cima di una coffa-belvedere che ci permette di ammirare dall’alto la Ruota di Luce. Non si dispone di elementi precisi per stabilire le dimensioni della Ruota. Si può valutare che la sua altezza corrisponde un po’ a quella della Tomba di Cheope o della Mole Antonelliana ma sortisce diverso effetto di imponenza a causa delle sue altre dimensioni di larghezza. Così come era difficile leggere le misure effettive così è facile osservare che rispetta proporzioni elementari: la sua larghezza corrisponde esattamente al quadruplo dell’altezza. La prospettiva offerta dalle coffe ci svela che la Ruota reca incastonata una Palla gigantesca avente diametro pari al doppio dell’altezza della Ruota ed emergente da questa in misura corrispondente al suo raggio. La simmetrica centratura dei volumi sull’orizzontale mostra l’equilibrio formale tra i diametri della Ruota e della Palla, l’uno doppio dell’altro. Lo scorrere della inconsistente pioggia delle perline lungo i bordi delle Ruota contrasta con la corposità apparentemente statica della Palla. Questa è formata da una pasta di vetro tra la giada e il turchese. Qualcosa fa intuire che la consistenza della pasta non è di materia cristallina compatta bensì costituita da cavità minuscole ed altre macroscopiche che rendono la Palla una gigantesca caverna ariosa suddivisa in celle interconnesse e percorribili. La cupola che sovrasta la Ruota è la parte emersa della Palla gigante. Lungo le ringhiere protettive della coffa-belvedere è disposta una serie di canocchiali puntati verso la Ruota. Misteriosamente noi visitatori siamo diversamente attratti dall’uno o l’altro canocchiale che per colore e forma e congegni promette visioni diverse. Per indicibile magia il visitatore romantico è richiamato dal canocchiale rosato oblungo che offre squarci ravvicinati dell’interno della Ruota caratterizzati da sale dorate frequentate da personaggi che le attraversano levitando dentro bolle trasparenti. Una signora corpulenta si dirige al canocchiale panciuto che distorce la Ruota conformandola a pannocchia gigante. Un giovanotto trova interesse per il canocchiale nero provvisto di arzigogoli meccanicistici. L’osservazione che ne trae gli altera la visione globale della Ruota. Questa ha perso le sue proporzioni massicce e gli appare come un’alta colonna attorniata da anelli concentrici sovrapposti e decrescenti, sostenuti da nervosi bracci ramificati. Una signora si è recata al canocchiale sferico violaceo che non punta verso la Ruota ma verso un suo spazio esterno. Vi vede un cortile con vivaci cagnolini: uno le ricorda la sua cagnetta Lilly che ha perso pochi mesi prima. Le viene voglia di informarsi come sia possibile far disporre un simulacro della sua amata bestiola e farla rivivere almeno virtualmente in quel magnifico paradiso. Lasciati i canocchiali e la coffa-belvedere scendiamo alla base degli steli e ci incamminiamo verso la Ruota. Il paesaggio è costellato da una completa rassegna di tipologie architettoniche funerarie attinte dalla storia. Esse vanno dai menhir ai dolmen alla modesta tumulazione alle mastabe alle ziqqurat, alle piramidi grandi e piccole, dalle edicole ai colombari, dai tempietti ai mausolei. In materiali poveri o sontuosi. Sono tutte disseminate nel verde di umili giardini o di parchi regali; talvolta isolate talaltra raggruppate in complessi armoniosi. Sentieri fioriti si affiancano a canali d’acqua su cui galleggiano barche di diversa foggia e colore che richiamano i modelli dei canocchiali deformanti. Anche queste mostrano personalizzazioni in linea con la diversa indole dei visitatori. Saliamo sulla barca del Dubbio. La corrente ci trasporta seguendo percorsi alternati tra placide radure e ombrose gallerie vegetali zigzagando tra frutteti e campi di grano. Vediamo che chi ha preso posto sulla barca della Lentezza attraversa canali con anse e ampi ghirigori. Chi ha prescelto la barca dell’Essenziale vola spedito su larghe gore rettilinee che puntano dritto alla base della Ruota. Decine di altri canali s’intrecciano con disegni disparati che fanno diversamente scorrere o sfrecciare le relative imbarcazioni costeggiando l’una o l’altra area di distinta vegetazione che ospitano famiglie di animali di diversa specie. Ci sono tanti canali quante le indoli umane e animali, dalla placida all’aggressiva, dalla paziente all’impulsiva, dall’introversa alla socievole. Sono rappresentati tutti i caratteri e gli spiriti umani dal poetico al matematico, il romantico e il cinico, il filantropo e il misantropo, e così via. Per gli animali c'è distinzione per specie e per razza. Oltre che essere differenziati per andamento, habitat attraversati, placidità o accidentalità, luminosità od ombrosità di percorso, i canali e i relativi natanti offrono anche una serie di propri attracchi intermedi di intrattenimento. La Barca della Poesia di tanto in tanto si sofferma al cospetto di collinette che ospitano sculture e cenotafi di illustri poeti raggruppati per lingua, per epoca e per scuola. Tra le prime colline c’è Omero che dall’alto di un trono gode con soddisfazione paterna le rappresentazioni di lotte che si svolgono ai suoi piedi tra Greci e Troiani. Su altra collinetta c'è Dante, tra Virgilio e Beatrice, che passeggia spesso voltandosi o soffermandosi ad ascoltare le voci di richiamo dei suoi dannati e dei suoi beati. Appena oltre si intravedono collinette con Petrarca e poi Tasso, Ariosto, e più in là Foscolo, Leopardi, Carducci, in lontananza Montale, Ungaretti, Quasimodo. Essi passeggiano nella ricostruzione degli scenari evocativi delle loro opere. Ognuno ha un proprio cenotafio, affiancato da busti e cenotafi consimili ma appena più piccoli, recanti il nome di ammiratori che hanno voluto essere ricordati per l’eternità a fianco al loro idolo. Si nota che tombe vuote e busti senza volto e senza nome sono in attesa che altri mortali chiedano ed ottengano di figurarvi. [x]1 La Barca della Filosofia attracca al pontile fumeggiante che fa da belvedere verso l’orizzonte di colline affidate a singoli pensatori. Si ripetono i busti e i cenotafi e le lapidi mute in attesa di seguaci e di estimatori desiderosi di immortalare il proprio nome idealmente conversando al cospetto dei grandi Maestri della Storia. In piena analogia si sviluppano il Canale della Scienza, quello dell’Arte, quello della Finanza, della Politica, della Matematica, e tutti gli altri, sempre dotati di moli proiettati verso i Sepolcreti animati dei grandi personaggi del passato. Nella quiete del crepuscolo, sul profilo d’un colle vicino baluginano riflessi di luminarie, ne provengono boati soffocati con l’eco di mortaretti e fuochi d’artificio: è lo Stadio dei Massimi Eroi dello Sport, ospita una rassegna delle grandi imprese dalle prime Olimpiadi dell’antichità alle più recenti gare di Automobilismo, di Ciclismo e di Calcio. Vi sfilano illustri portabandiera in doppiopetto come Pozzo e Bearzot, mandarini in portantina come il cav. Angelo Moratti e l’avv. Gianni Agnelli, interi squadroni come il Grande Torino di Superga od il Manchester della tragedia di Monaco, singoli eroi come Filippide il “maratoneta”, Dorando Petri, Gino Bartali, Fausto Coppi, Valentino Mazzola, Gigi Meroni, Giacinto Facchetti. Il clamore della folla fa pensare che si stiano per presentare le repliche delle dichiarazioni di taluni di loro e le ricostruzioni delle gesta degli altri. Attraccata ad un molo di tronchi argentati dondola una barca rosa e ramata. E’ piccola, tremola. Sul fianco, a mano, c’è scritto LEONE CESARE – PAPA’. E’ umile invito, l’aspetto, alla semplicità. Agli uomini eccelsi di mente si intestano strade e si innalzano monumenti secondo il numero di beneficiati o l’eco lasciata. S’intitola un modesto natante a quest’uomo di meriti grandi e altrettanti ma profusi soltanto all’amata famiglia: diletta sorella, moglie e due figli. Ha convertito gli stenti in nobili consigli ha fatto amare l’onestà il lavoro e il rispetto premiati con l’amore il successo e il rispetto. Dagli amici era detto Fred perchè sognava Astaire la leggerezza del ballo e l'eleganza l'armonia, l'intesa e la creanza. Ha praticato operosità e pazienza ha raccolto eterna riconoscenza. Sulla sua calma barca sale chi in vita l’ha avuto accanto e chi d’amore ne vede il canto. Essa non conduce a rive inesplorate né a belvederi da primato ma scivola tra prati variopinti e sotto pergolati profumati. S’inoltra tra cieli tinti dai rosa pregni di speranza da cirri e cumuli colmi di candore e di riflessi argentati di saggezza di consigli e bisbigli sommessi.
In una darsena tra i glicini è ormeggiata una barchetta di fattezze tanto scarne da somigliare a una tavola da surf. La flebile onda del canale produce un dolce beccheggio dell’imbarcazione; la sua similprua schiaffeggia l’acqua sollevando la minicarena che a malapena scopre il suo nome EUGENIO senza consentire di leggerne il seguito ossia il suo cognome. Poiché il fenomeno è guidato da una mente pensante è da intendere che la circostanza vuole che il cognome resti misterioso, forse perché valga ad accomunare questo ad altri destini dolorosamente consimili. Siamo infatti al cospetto di un Eugenio restato incompiuto perché il Fato ce l’ha sottratto anzitempo. Era un giovane appena entrato nel fiore della vita; aveva appena concluso gli studi con la laurea. Aspettando di affrontare il mondo con le nuove responsabilità si divertiva a scivolare in mare col surf. La brezza lo inebriava, dava la spinta alla sua vela e alla sua vita. La tavola scorreva sull’acqua e lui scorreva sul mondo. Dopo ogni tuffo rinnovava la sfida con le insidie esterne, non incolpava mai gli altri e si cimentava a migliorarsi. Nel silenzio degli oceani si concentrava sul rotolare delle onde e componeva la musica col sibilo del surf. Era taciturno, amava esprimersi col respiro soffocato dello sforzo scandito dalle ricadute. Il nostro Eugenio era in procinto di creare una nuova famiglia. Aveva appena avviato al futuro di madre la donna amata ma gli era mancato il tempo di veder nascere il frutto meraviglioso del loro amore: un incidente mortale gli aveva impedito di godere la luminosità del mondo promesso dallo splendore della creaturina in grembo. Aveva appena potuto bisbigliare rassegnato: “E VA: L’UNA (EUGENIA) vive mentre io muoio!” Se ora è in cielo, come crediamo, Eugenio vede crescere bene la sua magnifica bimba, la assiste come angelo custode ed è orgoglioso che sia accudita tra mille foto, ricordi, racconti e citazioni che lo vedono sempre protagonista come ideale padre premuroso. Il Paradiso vero, quello finale che lo ricongiungerà alla figlia per l’eternità, è stimolo sufficiente per lenire le pene dei sopravvissuti. Il Paradiso virtuale consente in qualsivoglia momento di connettersi telematicamente con lui per ricordarlo, vederlo, parlargli, molto più di quanto consentito dalla sepoltura reale. Le sue foto, i suoi filmati e le parole rivoltegli nel virtuale possono essere rinnovate e accresciute nel tempo e restare disponibili ad un maggior numero di visitatori.
Nella valle abitata da castori scorre dritto e placido il piccolo fiume teso tra i monti. Sulla sua riva sorge il padiglione con la facciata di filigrana allusiva dell' intreccio dell'uomo con la natura. Il suo interno accoglie i visitatori desiderosi di una pausa di respiro dopo tante emozioni.
I canali dedicati agli animali sono destinati a coloro che abbiano particolarmente amato e ammirato quadrupedi e uccelli di compagnia. Le relative imbarcazioni si soffermano ai pontili che immettono su plaghe felici di campi e boschi abitati da animali famosi o sconosciuti che vivono in coppie serene e nidiate di cuccioli. Prati e foreste sono punteggiate da piccoli e grandi monumenti innalzati ai più noti di loro. Vi si riconoscono Rin Tin Tin e Lassye, i beneamati del cinema, il giapponese Hachico massimo esempio di fedeltà, Balto l’eroe usky americano, Incytatus, il cavallo nominato senatore da Caligola, il leone che risparmiò S. Daniele nel Colosseo, Argo il cieco cane di Ulisse, simbolicamente anche le oche che salvarono i Romani in Campidoglio, Ribot e Varenne i purosangue, Marengo, il cavallo bianco di Napoleone. C’è una rappresentativa di cani militari del castello di Edimburgo, insieme al Bobby della stessa Edimburgo, c’è Barry il San Bernardo francese eroe salvatore di quaranta vite umane, ci sono i Doberman arruolati nei marines, c’è il molosso di Alcibiade già rappresentato al British Museum. Altra collina è riservata agli animali sorti dalla fantasia umana che attraverso la letteratura e il cinema ha dato vita ad animali inesistenti ma simboli e sintesi di virtù. Ci sono Brigliadoro il destriero di Orlando, Ronzinante il ronzino di Don Chisciotte, fino al vasto campionario di colossi e bestioline create da Disney e compagni: Bambi, Dumbo, Nemo, Yoghi, Micky Mouse, Donald Duck, Gatto Silvestro, Titti il canarino, Bill Coyote, Tom e Jerry. Questi sono rappresentati con proiezioni su immense pareti che si snodano intorno a grandi campi organizzati per accogliere animali e animaletti, come tartarughe e pesciolini e criceti e canarini e topolini e gattini e altri, che non vantano antenati illustri nè eroici nè comunicativi eppure gradiscono (nell’affetto degli uomini) un riconoscimento di dignità ed un diritto alla sepoltura e alla memoria nonchè al rispetto per la loro anima che potrebbe un giorno trasferirsi in esseri ritenuti superiori o più evoluti o più nobili. Tutti hanno alto e bassorilievi con epigrafi che ne immortalano la memoria e tutti mostrano fosse vuote con lastre piatte in attesa [x]1 di nuovi arrivi di animali consimili, desiderosi di essere ricordati accanto ad esemplari illustri.
Sotto la Grande Ruota, allo sbarco dai canali affluiscono i visitatori accolti da nugoli di bambini festanti. Sono bambini di tutte le razze che giocano, suonano strumenti vari, cantano. Poco distanti passeggiano conversando frotte di adulti mentre altri riposano su massi rotondi o si bagnano sotto fresche cascate naturali di scintillanti acque sorgenti tra soffici felci flessuose. Si respira un’aria gioiosa e solenne insieme. La Ruota che da lontano era parsa appena sollevata da terra ora si vede conformare uno spazio definito da una copertura più alta degli alberi più alti. Il volume della Ruota prima percepito come enorme blocco tombale incombente ora si leva come una trasparente pioggia di luce: non ci sono masse gravitanti ma perline luminescenti che disegnano una larga serie di tendine che avvolgono la Ruota. Le tendine sono cascatelle di pioggia sottile che scende verso il basso e rimbalza verso l’alto mentre al contempo scorrono in circolo dando la sensazione che stia girando l’intero blocco della Ruota. Al fascino scenico si aggiunge il fenomeno del discostarsi delle tendine, come si aprissero, al solo volgere loro lo sguardo del visitatore (od almeno così crede ciascun visitatore). Si attua un primo processo di identificazione tra pensiero ed azione: ciò che viene guardato con desiderio si muove attuando il desiderio. Ciò che l’occhio fissa con attenzione si comporta come se in quel punto venisse cliccata una icona, questo fa aprire un’immagine con espansione dei suoi contenuti esattamente come quando si clicca su una finestrella del computer. Un visitatore guarda verso lo scalone centrale e per lui le tendine si sollevano, la scalinata lo richiama verso l’alto della balconata e gli mostra una sfilza di schermi con scene familiari e fantastiche. Egli guarda il filmato della sua infanzia e viene risucchiato nel tempo della sua infanzia: da spettatore diviene attore e gode le persone e i luoghi e le azioni del suo tempo andato. Un visitatore bambino è mosso dal desiderio di ritrovare la sua mamma scomparsa precocemente. Guardando una dolce immagine femminile ne intravede i tratti della madre, la fissa con nostalgia commossa ed all’istante un vento profumato lo fa volare fino alla sommità della Ruota dove trova una sala affacciata su terrazzo con sua madre che attizza un vivace camino. Altro visitatore da tempo era preda del rimorso di non aver debitamente onorato la memoria del nonno al quale andava il massimo merito della fortuna ereditata. Guardando un ritratto di anziano ne scorge le fattezze del nonno, lo fissa con rimpianto e presto il ritratto si anima: la porta sul fondo della foto si apre ed il nonno con un gesto invita il nipote a seguirlo. I due escono in un giardino segnato da un viale affiancato da statue, ognuna delle quali rappresenta il nonno in diversa età. Un visitatore, turista con occhiali neri e vistoso anello con smeraldo all’indice, sta meditando sul proprio destino. Non ha mai saputo prefigurarsi la sua vita dopo la morte. Qualcosa lo ispira. E' attratto dal filare di nudi femminili marmorei che adornano la balaustra. Non appena li scruta essi prendono vita: divenuti altrettante odalische si avvicinano al turista invitandolo a salire ad un piano intermedio della Ruota; gli fanno da scorta attraversando sale faraoniche abitate da tante donne amate in passato; altre sale sono dominate da altre donne desiderate e dimenticate. Infine il corteo delle odalische giunge all’ampia veranda che cinge la Ruota. Un finestrone spalancato si affaccia su una oasi del deserto. E' curata come un giardino principesco, con frutta esotica e giochi d’acqua e un piedistallo d’alabastro sormontato dalla statua gigante in pietra di giada del turista con occhiali neri e vistoso anello di smeraldo all’indice.
Un gruppetto di visitatori viene introdotto nel cuore della Palla di giada e turchese. Un visitatore attempato è un industriale affermato. Viene da un passato di stenti, superati con la fortuna e l’abilità. Ha avuto soddisfazioni materiali ottenendo successo in tutte le attività intraprese, via via acquisendo crescenti profitti senza però riscontro di gratificazioni sociali nè culturali nè tantomeno spirituali. L’atmosfera di questi luoghi di sospensione del tempo, come di rappresentazione onirica dell’eternità, gli suggerisce di porre la beatitudine che lo circonda come prossimo obiettivo dei programmi nella sua vita di successi. Uno sceicco di mezza età è affascinato dal lusso sgargiante dei luoghi che lo circondano. Un diamante sospeso su una parete gli si offre come oblò sull’esterno. Egli vi vede il deserto sabbioso dei suoi possedimenti con i pozzi di petrolio acquistati dalla famiglia. Gli pare che questi ambienti ricreino il suo mondo attuale della vita reale e costituiscano la villa ideale di una sua agognata dimora futura. Anzi medita di potersene costruire una per l’eternità a proprio ricordo ed a godimento terreno dei suoi discendenti. Gli viene voglia di costruirsi un Mausoleo che prenda spunto dall’esperienza che sta vivendo, per questo clicca su [x]1 e una processione di odalische, efebi ed eunuchi gli porge una consolle tempestata di pietre preziose su cui spicca il tasto che lo invita a cliccare la richiesta di informazioni sulle modalità per costruirsi per sè un Mausoleo Virtuale. Una visitatrice anziana è suggestionata da un ambiente che riproduce la sua casa in paese ma reintegrata con i genitori ed il consorte scomparso, attorniata da nipoti ed a passeggio nell’orto adiacente con fiori e frutta, il cane e il gattino. Nel mondo che sta visitando riconosce il recupero del Paradiso Perduto come vagheggiava da sempre. Non può esimersi dal cliccare su [x]1perchè non avendo più nè figli nè nipoti è orientata a devolvere la sua eredità a gruppi di lavoro che costruiscano un Cimitero Virtuale per partecipare al mondo le gioie vissute e coltivare la speranza che il film della sua vita felice sia proiettabile all’infinito.
L’opera è organizzata come una grande produzione cinematografica, a cavallo tra i generi fantasy e documentaristico, con la sua capacità di creare l’atmosfera suggestiva e coinvolgente, con la sua spettacolarità, con la sua ampiezza di schermo che magnifica gli scenari e può esaltare i particolari, che può coordinare animazioni e filmati dal vero e dialoghi e fondi musicali ed effetti d’ambiente. Mentre però un film convenzionale confeziona un prodotto finito e immodificabile, con presentazioni e sviluppi e conclusioni univoche, il nostro lavoro prevede una vasta articolazione di diversi possibili sviluppi, di diverse interconnessioni e di diversa conclusione. Il nostro lavoro consente, allo spettatore-utente-visitatore del sito, di divenire anche soggettista e regista e sceneggiatore e produttore. Questo si ottiene con l’interattività del computer che attraverso opportune finestre di richiamo suggerisce i diversi modi di montare i racconti e le conclusioni attraverso sottoscrizioni come indicato in [x]1. Nella pratica il singolo utente può inserire, per il tramite degli ideatori-gestori del sito, il proprio materiale inedito e personalizzato attingendo agli album di famiglia e ad altro materiale disponibile od approntabile.
[x]1 Per avere maggiori informazioni sul nostro progetto o sulle modalità d’acquisto degli spazi nel
Mausoleo Virtuale (sottoscrizioni contributi, donazioni) contattaci al seguente indirizzo di
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